In Italia la Letteratura di montagna da genere di “nicchia” sta lentamente guadagnando spazio e conquistando un pubblico sempre più vasto, attratto dalla spontaneità del rapporto con la natura, dal fascino delle grandi sfide così come dall’unicità delle piccole avventure. Ma cosa succede oltralpe? Lo ha raccontato per Lago Maggiore LetterAltura Sylvain Jouty, che giovedì 28 giugno alle ore 21 ha proposto la sua esperienza di scrittore e di pubblicista di un settore di nicchia in un paese diverso dall’Italia, incontrando il pubblico al Chiostro dell’Hotel Il Chiostro. (Munirsi di Autan…)
Francese, da sempre appassionato di alpinismo, Sylvain Jouty frequenta assiduamente le Alpi e le altre montagne dal 1974. Poco dopo la nascita di Alpinisme et Randonnéene, rivista francese specializzata negli sport di montagna, ne diviene redattore capo. Nel frattempo comincia a scrivere racconti, che ben presto fa confluire in un romanzo, “La Région massétérine”. Seguono quindi numerose altre raccolte che gli procurano due ambiti premi francesi: Nouvelle de la Société des Gens de lettres e Renaissance de la Nouvelle. I romanzi successivi seguono la medesima tecnica del collage avente per materia prima i suoi racconti. Dopo il 1998 sperimenta lavori diversi che spaziano dal giornalismo ad alcune consulenze per l'editoria, dalla multimedialità ai laboratori di scrittura. In Italia ha pubblicato “Il Cervino: romanzo di una conquista”. Vive tra il sud della Drôme, regione che collega il nord della Francia al Mediterraneo, e Parigi.
«Le versioni delle guide, che non amano parlare, spesso divergono da quelle degli alpinisti circa le imprese di questi ultimi, che invece scrivono e raccontano molto. Io, nel miei libri, ho cercato di riportare tutte le voci». Dichiara Jouty, che definisce i suoi dei “romanzi reali”, scritti senza perdere mai di vista le fonti storiche. È in questo che lo scrittore ha trovato la sua peculiarità. «Prima di scrivere di montagna i miei libri erano fiction: partivo da un’idea fantasiosa cercando di creare personaggi il più possibile credibili. Ora è diverso: parto dalla realtà storica e dai documenti, e tuttavia i miei eroi sono incredibili, romanzeschi, uomini straordinari». E quando gli dicono che il protagonista de L’uomo che viveva come un rinoceronte è in fondo simile a quello de Il Cervino, romanzo di una conquista, ribatte sicuro: «Niente di tutto ciò: si parla di due persone entrambe meravigliose, straordinarie, eccezionali: e proprio per questo non possono avere nulla in comune».
Leonardo Bizzarro, redattore de La Repubblica, leggendo a più riprese il suo Elogio della dissimulazione del ’79 riesce a strappargli alla fine una dichiarazione al limite tra il nostalgico e il rassegnato:«Sì, negli anni 70’ eravamo giovani e insoddisfatti, volevamo fuggire dalla società e potevamo cercare la libertà sopra i 4000 mm. Adesso siamo completamente convinti che non la troveremmo nemmeno sopra gli 8000. Questa è la differenza tra l’alpinismo di allora e quello di oggi».
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