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Il compleanno di un Nobel

a cura di Francesca Pavan

Lunedì, 13 Aprile 2015

Il compleanno di un Nobel Il 15 aprile di 84 anni fa nasceva Tomas Tranströmer. Svedese, nato a Stoccolma, Tranströmer è scomparso poco meno di un mese fa a causa di un ictus.
Poeta, scrittore e traduttore, T. crebbe solo con la madre, insegnante, nella capitale svedese dove, nel 1956, si laureò in Psicologia.

Per anni si divise tra il lavoro di psicologo presso istituti minorili, lavorando con disabili, carcerati e tossicodipendenti e quello di scrittore.

Seppur le prime opere dell’autore risalgano al 1954, quando solo 23enne pubblicò la miscellanea Diciassette poesie (17 dikter), il mondo accademico svedese fece passare molti anni prima di riconoscere l’enorme valore letterario di Tranströmer.
Infatti, forse per la sua formazione scolastica non conforme a quella della cerchia dei poeti più in voga in Europa, T. fu per molto tempo considerato un outsider e, per questo, quasi sconosciuto nel resto dei Paesi, compresa l’Italia.
Solamente dopo la pubblicazione di Minnena ser mig (tradotto in Italia con il titolo I ricordi mi guardano) si consolida la poetica di colui che, oggi, è considerato uno dei maggiori scrittori svedesi. L’opera rappresenta un ritratto autobiografico nel quale il protagonista ripercorre la propria infanzia, le prime esperienze del suo io umano e i primi segnali di quello che sarebbe divenuto un dono speciale, la scrittura.

Nonostante un primo ictus, nel 1990, colpì l’autore inibendogli la capacità di parlare, egli continuò a scrivere poesie, dedicandosi soprattutto alla musica classica (suonava il pianoforte), una delle sue più grandi passioni, tanto che molte delle sue poesie sono dedicate proprio ai grandi compositori (Liszt, Grieg, Shubert, ecc) oppure a generi musicali specifici.

Nelle opere di Tranströmer si possono rintracciare tematiche ricorrenti come la ricerca mistica dell’uomo, gli aspetti della mente umana, il rapporto con Dio (particolarmente presente in Den stora gåtan – Il grande mistero) ma anche immagini semplici che provengono dalle esperienze personali dello scrittore, immagini di vita quotidiana fatte di simbolismi e rese con versi ordinati ed eleganti; il tutto spesso incorniciato dalla presenza simbolica della natura, a volte minacciosa, altre accogliente.

Proprio queste immagini “condensate e traslucide” valsero a Tranströmer il premio Nobel per la letteratura nel 2011.

Di seguito la poesia Solitudine tratta dalla raccolta Klanger och spa’r (Echi e tracce) del 1966.

Solitudine
I
Qui fui sul punto di morire una sera di febbraio.
La macchina scivolò sul ghiaccio e finì
nella corsia opposta. Le auto che sopraggiungevano,
i loro fari si avvicinarono.
Il mio nome, le ragazze, il lavoro
lontanissimi si sciolsero e rimase
soltanto il silenzio. Ero anonimo
come un ragazzo nel cortile della scuola circondato da nemici.
Il traffico mi veniva incontro con luci enormi.
Mi illuminarono mentre cercavo di sterzare
in un trasparente terrore che montava come albume.
I secondi si dilatarono – vi si trovava spazio –
divennero grandi come edifici di ospedale.
Quasi si poteva sostarvi
e respirare un attimo
prima di essere travolti.
Allora si presentò un appiglio: un caritatevole granello di sabbia
o una meravigliosa raffica di vento. La macchina si staccò
e attraversò obliqua la strada.
Un palo spuntò e si spezzò – un rumore secco –
e volò via per le tenebre.
Finché fu il silenzio. Rimasi seduto al volante.
Poi vidi qualcuno arrivare attraverso il nevischio
a vedere cosa mi era successo.
II
Ho vagato a lungo
per i campi gelati dello Östgötaland.
Nessun uomo in vista.
In altre parti del mondo
si nasce, si vive e si muore
in un costante accalcarsi.
Essere sempre visibili –
vivere in uno sciame di occhi –
deve dare al viso un’espressione speciale,
volti coperti di argilla.
Il brusìo aumenta e diminuisce
mentre si dividono tra loro
cielo, ombre e granelli di sabbia.
Io devo stare solo
dieci minuti la mattina
e dieci minuti la sera.
– Senza alcun programma.
Tutti fanno la fila da tutti.
Molti.
Uno.


 
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