Philippe Daverio dialoga con Michele Merlo
Architettura, bellezza, tribù: parole chiave dell'intervento di Philippe Daverio a Letteraltura, davanti ad un pubblico attento e divertito.
Con il solito humour Daverio ha raccontato l'esperienza di Edoardo Gellner, l'architetto "delle Dolomiti", che negli anni '50, su incarico di Enrico Mattei, progettò il centro residenziale per le vacanze dei dipendenti Eni "Corte di
Cadore" a Borca di Cadore.
Realizzato unendo welfare ed estetica, benessere e modernità, il villaggio "rimane un esempio di alta qualità", ha spiegato Daverio, sostenitore dell'idea che gli italiani siano una 'tribù di metabolizzatori stanziali', che alla lunga digeriscono tutto, anche le cose brutte, e che costruiscono case che devono durare per sempre.
"La perversione della vendita degli immobili ha aggravato la cosa - ha rincarato Daverio-, ci vorrebbero dei piani di abbattimento: bisognerebbe avere il coraggio di rimodellare il paesaggio abbattendo gli edifici baraccone."
La chiacchierata di Daverio è anche una lezione di 'architettura antropologica', che permette di capire le scelte di oggi ricordando da dove veniamo: "Le culture del Mediterraneo iniziano a costruire 8000 anni prima di Cristo: l'uomo ha imparato a decorare con statue e affreschi per abbellire le tombe. I popoli nordici sono sempre stati tribali: facevano la tenda per passare l'inverno, quindi la casa ideale del nordico è quella degli americani quando buttano giù gli edifici! A noi vedere un edificio che crolla dà fastidio, gli americani avrebbero goduto! Nella nostra casa che dura all'infinito noi mangiamo, gli americani si alimentano".
Tra esempi di edifici e aneddoti personali, si finisce con il parlare delle villette a schiera: "Tutte le periferie delle città nordeuropee sono una successione di villini a schiera - ha concluso Daverio -, ma i vecchi pagherebbero qualsiasi cifra per tornare nelle corti: nella corte c'era la comunità umana, nella palazzina si guarda fuori dal balcone".
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