Sulle orme di Isabelle Eberhardt, alla scoperta di un mito
Algeria 1904: la piena di un fiume che non vedeva acqua da centinaia d'anni stravolge tutto. Si sarebbe ricordato poco, se tra i morti non ci fosse stata una giovane 27enne, Isabelle Eberhardt, scrittrice e giornalista ginevrina nota per i suoi racconti.
Ad incontrarla e ad appassionarsi alla sua storia è stata Mirella Tenderini, che ne ha seguito le tracce fino in Marocco, facendosi ospitare dalle famiglie dei discendenti della gente conosciuta e frequentata da Isabelle, che, innamoratasi della cultura araba, era arrivata a vestirsi da uomo per poter visitare e vivere i luoghi che amava.
La storia di Isabelle è la storia della figlia illegittima di una nobildonna russa, cresciuta sui libri dei grandi autori classici latini e greci, studiando le lingue antiche, che ama viaggiare, fare e scrivere.
Perché Isabelle è rimasta un mito? Per la sua ricerca di libertà, ma anche per il suo vestire da uomo per ottenere la libertà di muoversi, di visitare il mondo, di incontrare genti diverse.
Chi più mi chiamava Isabelle erano le donne, che vedevano rispecchiata in lei il bisogno totale di indipendenza e di pensiero.
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