Festival

di letteratura di montagna, viaggio, avventura

 

Rachel Joyce dialoga con Malapuella

a cura di Danila Tassinari

Sabato, 29 Giugno 2013

Rachel Joyce dialoga con Malapuella Si può viaggiare perché si sceglie di partire. Oppure si può viaggiare rimanendo a casa, ad aspettare chi ha scelto di partire e ci ha lasciati soli, nel silenzio di una casa improvvisamente vuota. E non importa se sono vent'anni che marito e moglie non si parlano, che hanno perso l'abitudine al dialogo.
"Ci sono due tipi di silenzio: il silenzio del viaggio è quasi un lusso, invece il silenzio di due persone che non dialogano più è un luogo tormentato - spiega l'autrice -, ma può essere un luogo ricco, anche se doloroso."
Harold e Maureen sono i protagonisti del romanzo "L'imprevedibile viaggio di Harold Fry", opera prima di Rachel Joyce, scrittrice londinese, conosciuta  autrice di drammi radiofonici.
"Quando scrivo un libro c'è la gioia di indicare ciò che si prova a camminare, a mettere un piede dietro l'altro, a trovarsi in questa nuova dimensione. C'è tanto da vedere là dove si cammina e quando ci si ferma", racconta Joyce, rimasta a vivere a Londra fino a quando non ha sentito "il bisogno di vedere il cielo! E' così che ho scoperto la campagna: posso scrivere solo delle cose che nascono in me e che nascono dai miei sentimenti".
Harold è un eroe che attrae il lettore, ma alla Joyce interessa raccontare anche il viaggio tutto interiore di Maureen, che 'viaggia' tra le quattro mura di casa e compie il viaggio più duro, perché deve fare tutto da sola, per di più senza aver fatto la scelta di viaggiare e neppure di rimanere a casa da sola.
Si spengono i microfoni e vien voglia di partire e di viaggiare. Oppure di cominciare a leggere il libro!

 
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