Appuntamento al Brunitoio di Ghiffa (VB) per l’inaugurazione della mostra di Giorgio Griffa. Sabato 8 ottobre 2011 alle ore 17:30.
La mostra è a cura di Fabrizio Parachini.
La presentazione è di Fabrizio Parachini.
Rinfresco a cura di Associazione Verbania MillEventi.
GIORGIO GRIFFA
Giorgio Griffa nasce a Torino nel 1936. Inizia a dipingere bambino con pittori tradizionali.
Nel 1958 si laurea in giurisprudenza ed inizia l’attività di avvocato.
Nel 1960 sente la necessità di un nuovo apprendistato e diviene allievo nella scuola privata di Filippo Scroppo, astrattista torinese che ha fatto parte del MAC. Per tre anni segue le lezioni, sviluppando peraltro una esperienza strettamente figurativa.
Negli anni successivi procede ad una progressiva spoliazione degli elementi rappresentativi, senza passare per le opzioni dell’astrattismo, sino a giungere ai primi lavori non rappresentativi, il ciclo dei lavori intitolati “Quasi dipinto”. In quel ciclo si precisa la scelta del non finito che diverrà un carattere costante del suo lavoro.
Espone quei lavori nel 1968 alla Galleria Martano di Torino. Nel 1969 inizia la collaborazione con la Galleria Sperone e nel 1970 espone nelle gallerie di Ileana Sonnabend a New York e Parigi.
E’ di quegli anni la vicinanza agli artisti dell’Arte Povera, che ricorderà in una mostra del 2000 (Galleria Salzano, Torino) con queste parole: “....L’intelligenza della materia non veniva usata quale strumento di nuove sintesi formali, peraltro inevitabili, ma diveniva protagonista dell’opera, la mano dell’artista posta al suo servizio. Analogamente, essendo io convinto dell’intelligenza della pittura, ponevo la mia mano al servizio dei colori che incontravano la tela, limitavo il mio intervento al gesto semplice di appoggiare il pennello”.
Per circa due anni, fra il 1973 ed il 1975, esegue quasi esclusivamente linee orizzontali, composte da una linea continua che si ripete ovvero da segni di pennello ordinati l’uno accanto all’altro in sequenze orizzontali. Questi lavori vengono esposti, fra le altre, nelle mostre personali alla Galleria Templon di Parigi, alla Galleria Mikro di Berlino, allo Studio Lia Rumma di Napoli, nel 1974, Sperone di Roma, Annemarie Verna di Zurigo, Kunstraum di Monaco nel 1975.
Negli anni successivi iniziano a convivere sulla tela sequenze di segni differenti. Inizia il ciclo che egli definisce delle “Connessioni o Contaminazioni”, modifica fisiologica del precedente ciclo dei “Segni Primari”.
Sono gli anni delle mostre personali alla galleria Banco di Brescia, Art in Progress di Monaco e Dusseldorf, Lorenzelli e Il Milione di Milano, Marlborough a Roma, la Kunsthalle di Dusseldorf, la Samangallery di Genova, sino alla XXXIX Biennale di Venezia nel 1980.
Egli avverte come la riflessione di tipo minimalista apra le porte ad una nuova considerazione dell’imponente carico di memoria di pittura e scultura. Griffa non è un minimalista, Paolo Fossati ha puntualizzato la differenza del lavoro di Griffa dal minimalismo, ma il clima è quello. Ed in quel clima il suo lavoro viene ad assumere un atteggiamento più dinamico.
E così nel 1979 dipinge il trittico, intitolato non a caso “Riflessione”, composto di tre grandi tele dedicate rispettivamente a Matisse, Klee, Yves Klein.
Quel trittico, esposto nel 1980 alla Galleria Martano di Torino (e in seguito da Lorenzelli a Milano), costituisce il primo passo di un altro ciclo, che troverà negli anni 2000 il titolo di “Alter Ego”. In esso ogni lavoro è dedicato ad artisti di ogni epoca. Proseguirà, con larghe pause, per 30 anni.
Gli anni ’80 vedono un ampio sviluppo del ciclo delle Contaminazioni. Ai segni spesso si affiancano campiture di colore più o meno ampie, un racconto indeterminato fra le memorie della pittura.
Ad oggi, sono oltre 100 le esposizioni personali in varie città italiane ed europee.
Ad esse si accompagna la presenza in una lunga serie di mostre collettive in Italia e all’estero dedicate in generale allo stato delle arti nel contemporaneo, piuttosto che a specifiche indagini sulla pittura analitica, le quali verranno soltanto in seguito.
A partire dalla famosa mostra del 1970 al Kunstmuseum di Lucerna “Processi di pensiero visualizzati” partecipa, fra le altre, a “Contemporanea (Roma 1973), Prospect 1973 (Dusseldorf), “Sempre cose nuove pensando (I.C.C. Anversa), “I colori della pittura “ (Istituto Italo Latino Americano Roma 1976), “Arte in Italia 1960/77” (GAM Torino 1977), XXXVIII e XXXIX Biennale di Venezia (1978, 1980), “11 Italienische kunster in Munich” (Monaco 1982), “L’informale in Italia” (GAM Bologna 1983), “Il museo sperimentale di Torino (Castello di Tivoli 1985), VI Triennale India (New Delhi), “Confronto per opera” (GAM Bologna 1987), “Mediterranea” (Erice 1988), “Pittura Italiana dal dopoguerra ad oggi” (MASP San Paolo, Brasile),
“Torino e le arti 1950/1970” (Castello di Rivoli 1993), “Abstarkte Kunst Italiens” (Colonia e Francoforte 1997), “Turiner kunstler in Stuttgart” (Stoccarda 1998), “Arte italiana – Ultimi 40 anni” (GAM Bologna 1998), “Le soglie della pittura” (Perugia 1999), “L’incanto della pittura” (Mantova 2004), “Visioni” (Bergamo 2005), “Museo Museo Museo” (GAM Torino 2006), “Time & Place” (Stoccolma e Zurigo 2008).
All’inizio degli anni ’90 sopraggiunge il ciclo “Tre Linee con Arabesco” in cui ogni lavoro, tela, disegno, acquerello, incisione, contiene appunto, fra gli altri segni, tre linee ed un arabesco. Questi lavori sono numerati secondo l’ordine in cui vengono eseguiti, il primo col numero 1, il secondo col numero 2 e così di seguito (sin’ora sono arrivati al n. 1661). La numerazione mira a fissare la posizione dei singoli individui all’interno del gruppo e nel contempo ricordare la loro appartenenza al gruppo.
Nel seguito degli anni ’90 inizia un altro ciclo che si avvale dei numeri. E’ il ciclo delle “Numerazioni”. Qui i numeri indicano su ciascuna tela l’ordine in cui sono posati i vari segni e colori che la compongono. I numeri mirano a sottolineare per un lato l’ordine in cui si svolge l’evento pittura e per altro lato lo svilupparsi dell’evento, un segno dopo l’altro sia nel tempo che nello spazio.
Si deve notare che fra un ciclo e l’altro non vi è alcuna ipotesi di sviluppo o progresso. Vi è soltanto, semplicemente, la presenza di aspetti diversi del divenire. Pertanto i cicli non si susseguono l’uno all’altro, ma si accavallano, si incrociano, convivono l’uno accanto all’altro, magari restano sospesi per anni e poi riprendono.
I cicli che emergono negli anni 2000 confermano questo aspetto. Infatti la loro origine risale a vent’anni prima, alla fine degli anni ’70.
Il ciclo “Alter Ego”, con i suoi riferimenti ad altri artisti, di volta in volta Piero della Francesca o Tintoretto, Beuys o Merz, nasce da quel trittico del 1979 intitolato “Riflessione”, passa attraverso vari lavori degli anni ’80 e ’90 e precisa la sua identità con un gruppo di lavori degli anni 2000. Alcuni lavori di questo ciclo sono stati esposti in mostre personali fra il 1979 ed il 2009. Il ciclo è stato esposto integralmente nel 2011 al Castello di Saluzzo nella mostra “Alter ego 1979-2008” (catalogo Skira).
A sua volta il ciclo “Sezione Aurea”, che guarda a quel numero irrazionale senza fine che ne caratterizza l’aspetto matematico, si avvale parzialmente delle trasparenze della tela tarlatana che già erano del grande lavoro “Dioniso” del 1980, esposto alla Biennale di Venezia di quell’anno.
Alcune tarlatane di questo ciclo sono state esposte dalla Galleria Fumagalli di Bergamo alla Fiera di Basilea nel 2008. Altre 4 grandi tele, su tessuti diversi dalla tarlatana, sono state esposte al MACRO di Roma nel 2011 (catalogo Marsilio).
Giorgio Griffa ha anche pubblicato vari testi: “Non c’è rosa senza spine” nel 1975; “Cani Sciolti Antichisti” nel 1980; “Drugstore Parnassus” nel 1981; “In nascita di Cibera” nel 1989; “Il principio di indeterminazione” nel 1994; “Di segno in segno“ (con Martina Corgnati) nel 1995; “Come un dialogo” nel 1997; “Approdo a Gilania” nel 1998; “Intelligenza della materia” nel 2000; “Nelle orme dei Cantos” nel 2001; “Intervista a cura di Flavia Barbaro, GAM Torino” nel 2003; “Nota sulla rappresentazione dello spazio” nel 2003; “Post scriptum” nel 2005.
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