di Nadia Caronte
Passo sicuro, lento, costante. Sguardo verso il cielo a interpretare il colore, forma e movimento delle nuvole in cui lui "leggeva" il tempo. Scarpone di cuoi con lacci rossi, camicia a scacchi, bandana al collo e zaino. Sempre quello, da quando sono nata. Pieno di tasche e nascondigli, sgualcito, strappato, rattoppato e ancora usato. Era lo zaino con cui aveva fatto il servizio militare nel 1950, il viaggio di nozze con Renata in un bivacco, tutti i sentieri e le cime della sua amata Val d'Ala. E' stato lo zaino con cui a insegnato a me e a suo figlio l'amore per la montagna. Diceva sempre che se aveva con sé il suo zaino, aveva tutto quello che gli serviva, ma di fatto conteneva solo un coltello, il pane e un pezzo di toma. ogni volta che tornava diceva orgoglioso di avere lo zaino pieno... eppure a noi sembrava ancora più vuoto di quando era partito! Solo adesso che le gambe non lo portano più dove è vissuto il suo cuore abbiamo capito cosa riempiva il suo zaino: la passione! Quella passione semplice per la montagna di chi, ancora dopo 50 anni, si fermava ammirato a guardare una marmotta spuntare dalla sua tana o il falchetto volteggiare in tondo. Quella passione che lassù in mezzo alla pietraia lo faceva fermare, guardare il cielo e dirci: sentite che pace. Riempitevi le orecchie di questo silenzio e portatevelo giù in paese così come io riporto giù il mio zaino. Quello zaino che apparentemente saliva e scendeva con lui sempre vuoto, ma che era pieno della sua vita. Portava la sua vita sulle spalle, Cigno.
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